Jan 18, 2009

Back to Fukuoka




Apro la porta di casa mia, e la luce si accende, da sola. Hanno inizio le tecnologie. Uno spazio dove togliersi le scarpe, e il gradino per entrare in casa, con un finto parquet.
Quarto piano (terzo europeo, che qui il piano terra vale come primo piano) di una stretta palazzina di sei (cinque), appartamento di mezzo (ce ne sono tre per piano).
Sguardo rivolto a sinistra: il buco per la lavatrice che manca, il lavandino con annesso armadietto/mensoline e rubinetto estraibile. E' comodo per tenere il lavandino pulito. Segue il blocco cucina con un fornello alla giapponese, uno solo, il lavandino per i piatti e il frigo.
A destra ci sono due porte. In una c'è un cesso col computer per controllare il getto di acqua per pulirsi il deretano. Temperatura dell'acqua, pressione, aspira odori, riscalda asse graduabile, tipi di getti diversi. Nella seconda porta c'è la doccia e una vasca, larga metà di me. Anche qui un computer che ti riempie la vasca alla temperatura desiderata e poi ti avvisa quando ha riempito i suoi 180 litri con un "segnale sonoro" (cfr, capitolo sull'inquinamento acustico del mio libro sul taiko).
Il tutto in quattro passi.
Si entra nella camera rettangolare (stretta e lunga), la finestra è in fondo con un micro balconcino (per stendere, se ne hai il coraggio), un armadio dentro il muro. In più ho un letto singolo con due piumini, e una piccola libreria alta 80 centimetri (tanto si sta in terra). Per ora la mia valigia vuota mi fa da tavolo.
Pareti bianche, tipo di compensato. Il condizionatore che fa un gran rumore. Ovviamente dispositivo anti incendio e allarme in caso di terremoto.
Vedo altri appartamenti, cavi, molti cavi, ma la via è piccola e tranquilla. Vedo anche il mio ufficio, lassù in alto.

Sto bene. Ma fa un pò di tristezza.

Ad avere queste tecnologie nella casina in campagna...

(Ho ancora problemi di fuso orario, domani - domenica mattina - mi sveglio alle 6, per andare a Tokyo per lavoro)